Il
Palazzo più importante dell'Addizione Erculea fu innalzato a partire dal
1493, per Sigismondo d'Este, fratello del duca, e posto all'angolo sud-ovest
del Quadrivio degli Angeli. Edificato con la funzione di valorizzare il
maggiore crocevia dell'Addizione, l'edificio presenta un'ubicazione che
accentua la direttrice visiva verso la Piazza Ariostea. Infatti la sua
posizione è stata studiata per indirizzare lo sguardo in direzione di
quest'ultima, questo effetto è ancor più evidenziato dalla presenza del
Palazzo Turchi-Di Bagno e del Palazzo Prosperi-Sacrati: masse imponenti che si
oppongono al "vuoto" dell'angolo nord-est, sul quale insiste in
posizione arretrata. Il motivo angolare del pilastro decorativo è presente in
tutti e tre i palazzi: nel Palazzo dei Diamanti e in quello Prosperi-Sacrati
è interrotto da un balconcino d'angolo, costituendo così un arresto visuale,
mentre nel Palazzo Turchi-Di Bagno l'assenza del balcone è il segno di un
invito a procedere.
L'edificio ospita al piano nobile la Pinacoteca Nazionale e, al piano terra la
Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea, sede di prestigiose
esposizioni.
Dal 1586 il palazzo fu
residenza di Cesare d'Este, che commissionò notevoli lavori di decorazione,
di cui restano oggi ampie tracce. Al primo piano si riconosce il grande salone
dal soffitto ligneo a lacunari, usato per celebrazioni e festeggiamenti.
Nell'ala nord si aprono cinque ambienti decorati con un ricco cassettonato e
un fregio a grottesche sulle pareti: la seconda stanza è la famosa Sala del
Parto, realizzata in occasione della nascita di Alfonso III, figlio di Cesare
e Virginia de' Medici. La Sala del Parto e la Stanza del Poggiolo (anticamera
dell'appartamento di Virginia), presentano soffitti a cassettoni ornati di
grandi rose in legno dorato e intagliato; negli sfondati ovali e ottagonali
erano originariamente incastonati dipinti e tele, dispersi in seguito alla
devoluzione e oggi perlopiù conservati nella Galleria Estense a Modena. Il
fregio delle due stanze è decorato a grottesche, secondo la moda introdotta
dal Garofalo e dai Filippi. La terza stanza dell'appartamento di Virgina è la
cosiddetta Camera Matrimoniale, anch'essa decorata come le precedenti, ma con
un solo sfondato ottagonale, che, originariamente, doveva ospitare una tela.
Sul fregio, oltre alle grottesche, sono raffigurate cornici a cartouche che
racchiudono ovali dipinti a tempera, rappresentanti scene di felicità
coniugale e vicende della vita umana.
Gli autori di tali decorazioni furono il pittore Giulio Belloni e
l'intagliatore Orazio Fiammingo, mentre le tele erano opera di artisti
diversi, tra cui i Carracci, Gaspare Venturini e lo Scarsellino.
I marchesi Villa, proprietari del palazzo dal 1641, lo ornarono con i loro
ritratti di famiglia, che sono ancora visibili nel corridoio di accesso alla
Pinacoteca.
Nel 1933, infine, furono qui trasportati dal Monastero di S.Antonio in
Polesine due soffitti opera del "Maestro dagli occhi spalancati",
seguace di Cosmé Tura.
Come
molti degli altri palazzi rossettiani, anche questo non si offre ad una
visione esclusivamente frontale, ma è stato progettato per una visione di
scorcio. Il piano nobile è un po' arretrato rispetto al piano terreno, al
fine di slanciare la mole, mentre il basamento si assottiglia verso sud e
verso ovest, accentuando la fuga prospettica.
Le due facciate sono rivestite da 8500 bugne a forma di diamante, dal colore
bianco con venature rosate. Ad un attento esame, si nota un graduale
spostamento dell'asse delle piramidi: nel basamento, i vertici delle bugne
sono rivolti verso il basso, e man mano che ci spostiamo verso la zona
superiore si inclinano verso l'alto. Queste sottili correzioni ottiche
donano un'impalpabile vibrazione al paramento marmoreo, creando un notevole
effetto estetico. A coronamento dell'edificio è un cornicione in cotto con
finestre ad "occhio di bue".
La struttura interna si sviluppa su tre ali, con una pianta ad U
originariamente simmetrica, ma alterata dai rifacimenti successivi, anche in
seguito al terremoto del 1570. Il portico che incontriamo appena entrati nel
cortile si aggancia alla parete meridionale risvoltando con un arco. Lo
stesso motivo, probabilmente, si ripeteva sull'ala nord, dove era anche uno
scalone di accesso al piano nobile, oggi completamente demolito. Sempre al
pianterreno notiamo una loggetta che chiude l'ala sud e introduce ad una
serie di ambienti separati.
Il palazzo restò proprietà della famiglia estense anche dopo la
devoluzione di Ferrara allo Stato Pontificio; fu poi venduto ai marchesi
Villa, artefici delle modanature del portale d'ingresso e delle candelabre
laterali. Nel 1842 fu acquistato dal Comune di Ferrara.